Pubblicazioni di Grytzko Mascioni

  • Il volume ripercorre la storia della Televisione della Svizzera Italiana a 25 anni dall’inizio delle trasmissioni in lingua italiana. A differenza del precedente lavoro, che intendeva celebrarne il decennale attraverso un approccio cronachistico, Mascioni in questo caso opta per una riflessione di carattere teorico sul mezzo televisivo e sul suo ruolo nel contesto federale elvetico, quale voce necessaria e imprescindibile della minoranza italofona. Il libro, corredato da numerose illustrazioni fuori testo, reca la prefazione del direttore della RTSI Cherubino Darani.
  • Comprende le sezioni “Ultimo covo” (1996-2000), composta da 12 poesie scritte a Zagabria e Dubrovnik; “Adriatico” (1992), dedicata a Vanni Scheiwiller; “Città bianche del Sud, ballata per Pierre H. Lindner, maestro incisore venuto dal Nord, che un giorno, sull'Adriatico, scoprì il colore”. Ricordi della guerra nella ex-Jugoslavia che «disloca le nere bandiere», si intrecciano nella lingua ricchissima ed elevata di Mascioni con le immagini del paesaggio struggente della «terra bagnata di mare» che il poeta sta lasciando, diretto verso un mondo forse di speranza, che però «tace» sul lutto doloroso ancora presente. Appena accennata è la presenza di alcune figure femminili. Mascioni è «un uomo ed un poeta che vive al di là delle mode; (…) uno che rifugge dal monumentale, ma che arricchisce di significato persino i detriti della quotidianità» (Allen Mandelbaum, dalle note di copertina).
  • Angstbar

    (2003)
    Angstbar o bar dell'angoscia: la scelta del termine tedesco che dà il titolo all'opera ricorda le conversazioni col filosofo Max Horkheimer su un tema caro al Poeta e ricorrente anche in altre opere, ma in questo caso è legata allo stato d'animo di chi sa «di avere un male che non perdona» e si trova a ripercorrere le ultime tappe della sua vita con spietata lucidità, riprendendo anche il tema dell'alcolismo, che da topos letterario si fa caso intimo. La raccolta si compone di 24 liriche sotto il titolo “Angstbar”, 7 poesie scelte dal testo Ex Illyrico tristia, legate all'esperienza croata, e altre 5 testimonianza degli ultimi dolorosi anni, compreso lo struggente Il soffio della notte, dedicato alla donna amata. Mascioni affida alle liriche la sua eredità di riflessioni, i suoi ultimi pensieri che testimoniano da un lato la piena aderenza alla vita in tutti i suoi aspetti, gioiosi e drammatici, e dall'altro la perenne ricerca di forme variegate e di un lessico composito ed elevato per esprimere il suo intenso mondo interiore. La postfazione è del poeta e critico Giorgio Luzzi.
  • Libro dalla prosa ricercatissima e di impegnativo approccio, «vive (…) del mal d'amore – per cui è al tempo stesso cartella clinica di quel male, lettera intima, diario retrospettivo, confessione». Stilisticamente lo scritto «deve molto alla ripresa cinematografica con campi lunghi, carrellate, flash back, sostenuti da un'esasperata colonna sonora di sfusi e liquidi dialoghi» (dalle note di copertina, frutto di uno scambio di opinioni tra Vittorio Sereni, Carlo Fruttero e Franco Lucentini). Al romanzo è stato assegnato il Premio Inedito 1973.
  • L'opuscolo, la cui prima stesura risale al 1962, è ispirato alle vicende che caratterizzarono la lavorazione del film 'Cleopatra', e segnatamente alla storia d'amore tra i protagonisti Liz Taylor e Richard Burton, intrecciata a quella dei personaggi impersonati dai due attori, Cleopatra e Marco Antonio. Cleopatra è «un'indefinibile idea di donna, indefinibile, ma non per questo irreale; è il desiderio di ogni uomo, che finisce per coincidere con l'irrefrenabile e ineliminabile bisogno di vita. Ecco dunque che Cleopatra si pone come uno dei tanti volti di quello che è il motivo ispiratore centrale della poliedrica produzione letteraria di Mascioni» (Massimo Castoldi). Alla nota di Vasco Pratolini si accompagnano, nella seconda edizione, le postfazioni di Tonko Maroević e Massimo Castoldi. Del libro è apparsa una traduzione in lingua croata, a cura di Iva Grgić: Kleopatra, jedne noći, Hefti, Milano 1996.
  • Da Saffo

    (1954)
    Il quaderno, in edizione numerata di 200 copie, raccoglie le traduzioni di 21 frammenti di Saffo, la poetessa all’origine della lirica occidentale, frequentata e amata da Mascioni a partire dal folgorante incontro avvenuto sui banchi del liceo. Nell’”Avvertenza ai lettori” l’Autore dichiara di essersi sforzato di «cercare una via perché la parola di Saffo riuscisse a risuonare nella nostra lingua conservando nel limite del possibile il suo originale incanto», in passato spesso offuscato da un eccessivo scrupolo filologico o all’inverso da una resa poetica scarsamente rispettosa del testo originario.
  • Penalizzato da un'edizione, per quanto nitida, di nicchia, e da una distribuzione limitata, il libro rappresenta viceversa uno dei punti più alti dell'intero percorso mascioniano: «raccoglie una ricca messe di inediti (avvii di romanzi, pagine sparse, progetti, abbozzi, note), tutti o quasi prodotti al servizio di “libri mai nati”» (dalle note di copertina). La riflessione metaletteraria sul senso del proprio lavoro, sincera ai limiti della spietatezza, si accompagna al recupero di pagine sorprendenti per qualità e varietà di temi, di stili e di luoghi, dalla Rezia della lontana infanzia alla tarda maturità trascorsa nelle tormentate terre croate. La breve nota introduttiva è firmata da Giuseppe Pontiggia.
  • «Basta la luce: in croato, Dostaje svjetlost. Con questo titolo ha visto la luce una raccolta di mie poesie (…) tradotte in croato per l’amorosa cura e iniziativa di un gruppo di eminenti italianisti e poeti amici, edita a mia insaputa e per mia grata sorpresa dalle Edizioni Durieux di Zagabria e dalla Matica Hrvatska (Matrix croatica) di Dubrovnik, il giorno del mio compleanno, 1° dicembre 1993». Le 51 poesie sono seguite da una postfazione del poeta, saggista e traduttore Tonko Maroević.
  • Adattamento per la radio di un racconto scritto nel 1975, viene rappresentato il 27 aprile 1980 dalla Sezione Sperimentale Prosa della Radio della Svizzera Italiana, per la regia di Vittorio Ottino, con musiche originali di Andreas Pflüger. Pochi mesi dopo il ricercato volumetto, stampato in 1000 esemplari numerati, inaugura la collana 'Radiodrammi' delle edizioni Scheiwiller, e rappresenta una delle perle nascoste della produzione dell'autore. Sullo sfondo malinconico della Mosca ancora sovietica, «il dato personale è trascorso nel silenzio dilagante della nostra precarietà di individui (…) che, nelle pieghe di una opposizione appartata e pensosa, distante dal caos, vorrebbe – chissà – (ri)trovare dignità» (Rina Li Vigni Galli).
  • La plaquette accoglie 13 poesie inedite, composte tra il 1992 e il 1994, e tre già pubblicate in precedenza ma rientranti nel medesimo nucleo tematico: la dolorosa esperienza, vissuta in prima persona, del terribile conflitto armato nella ex Jugoslavia. «Missive dirette a non so chi, dal territorio di un Paese aggredito e devastato, ferito nei segni della sua specifica identità e della sua millenaria appartenenza europea e occidentale». Tuttavia l'urgenza etica, unita a un periodare eccessivo e faticoso e a un linguaggio a tratti incongruamente desueto, fanno sì che il volumetto risulti tra i meno riusciti dell'intera produzione in versi dell'autore.
  • Probabilmente il vertice del lavoro in versi di Mascioni, riunisce nella seconda edizione riveduta e notevolmente ampliata, pubblicata in 1000 copie numerate, le liriche composte nel decennio 1968-77. «Il volumetto (…) raggiunge effetti di grande raffinatezza. (…) Mascioni dimostra di aver raggiunto una sua perfezione (…). È tutto un giocare di luci e di grazia, un dire a fior di labbra, sicché anche le cose più innocenti paiono avvicinarsi al drammatico, e le tragiche all’idillico. (…) Mascioni sa filtrare esperienze e sentimenti, la sua poesia è cristallina, vivida, incantevole» (Enzo Fabiani). La sezione omonima della raccolta è dedicata, «con la nostalgia di ogni amore», a Max Horkheimer, filosofo e sociologo, tra gli esponenti più noti della Scuola di Francoforte, legato all’autore da una profonda e duratura amicizia.
  • Rispetto alla prima edizione del 1967, la seconda presenta un numero maggiore di poesie, sempre però scritte nello stesso periodo. Le poesie sono suddivise in otto raccolte: “Addio, marameo” (1957-62) di vario contenuto; “Itinerario a Montreux” (1963), poesie dedicate a Vittorio Sereni che segnano le tappe di un viaggio nella Svizzera francese; “Memoriale del fabbro esiliato” (1964), poesie dedicate al giovane fabbro e maniscalco Elio Branchi, l’amico di Teglio morto in un incidente di caccia sulle «sue e mie montagne», una occasione per riconoscere il «reale rapporto con i paesi e la gente fra la quale sono nato e cresciuto»; “Il tono generale” (1963-65); “Dai giorni inurbati” (1960-67); “Idioletto” (1966-67); “De l’amour 67”; “Moderato terrore” (1967). Con un “favoloso spreco” si consumano e si perdono attese, ansie, gioie, momenti di vita che sembravano eterni, occasioni di sconforto e di allegria. Al senso di precarietà di ogni cosa, anche se alleggerito da goduti momenti di gioia o di ironica distanza, si accompagna in Mascioni una crescente inquietudine sul vero senso e sull’uso delle parole «nel turpe chiacchiericcio prevalente», tanto che, come egli stesso dichiara nella nota all’edizione del 1977, la tentazione del silenzio è reale. Alla raccolta è stato attribuito il Premio Mario Stefanile 1978.
  • Il ferro

    (1965)
    «Sono le poesie di un ciclo pubblicato in forma privata (…) a cura di alcuni amici, per ricordare un giovane fabbro e maniscalco di Teglio di Valtellina, Elio Branchi, morto in un incidente di caccia sulle sue e mie montagne». L’edizione consta di 1000 copie numerate: alle dieci liriche di Mascioni si accompagna la riproduzione fotografica dei Ferri artistici forgiati da Elio Branchi su disegno del pittore, grafico e designer Osvaldo Carrara. Completa il volume una serie di brevi prose che illustrano con la consueta felicità di scrittura il senso e il significato dell’operazione editoriale.
  • L'isola è di fronte alla città, poco lontana, e sembra dare forma e sostanza all'«idea stessa di perenne stabilità». Ma per l'autore, che la osserva quotidianamente dalla sua finestra, è la silenziosa interlocutrice che lo costringe a pensarla e a desiderare di conoscerla. Allora la visita diventa obbligatoria e il “gitante-pellegrino”, in mezzo all'«ansimare continuo di slarghi e strettoie», e dopo aver interrogato la natura e la storia, crede di trovarne il segreto vitale, pacificatore della sua inquietudine interiore. La scrittura, sempre ricercata, si vale di un'aggettivazione ricchissima, di vocaboli inconsueti o desueti ma anche, quasi a voler sorprendere, di termini gergali o "bassi". Corredano il volumetto tre dipinti di Giuseppe Zecca, pregevoli e testuali variazioni sul tema.
  • Il racconto, dai toni crepuscolari, segna il ritorno a una dimensione intimistica, sottolineata dall'ambientazione nel tranquillo paesaggio ticinese, meta del provvisorio ritorno di uno stanco e sempre più amareggiato Ulisse. La dolorosa circostanza della morte dell'anziano gatto, di pari passo con la conclusione di un'annosa e sofferta vicenda sentimentale, assurge a simbolo e a metafora di una risolutiva fine. Il libretto, dedicato dallo scrittore al figlio Vania, presenta in copertina e fuori testo quattro disegni eseguiti dallo stesso Mascioni, che ne illustrano la maestria grafica. I primi cento esemplari sono numerati e firmati dall'autore.
  • Un doppio “viaggio-pellegrinaggio”: nei luoghi che videro il culto del dio e tra i molti libri, antichi e recenti, che lo descrivono e lo spiegano. O meglio: tentano di spiegarlo, perché su Apollo, dio del sole e della luce e incarnazione della misura e dei canoni di bellezza, le ipotesi si confrontano, si sovrappongono, si scontrano. Né oggi – in un'epoca (è detto talvolta con parole molto aspre) che non vuole trovare la strada per uscire dal decadimento morale e culturale – si sfugge al paradosso, ai tanti contrasti che le ambiguità e le interpretazioni del «più omerico degli dèi» lasciano nel lettore moderno, avido di chiarezza, spesso a buon mercato, ma sempre alle prese col mistero. Il libro, finalista al Premio Strega 1990, ottiene un largo successo e viene ripubblicato a più riprese.
  • Mascioni dichiara subito il suo intento: opporre l'uomo nell'interezza della sua esperienza esistenziale alla figura troppo libresca di manuali e monografie. Basandosi, certo, sulle fonti che stanno nei libri, ma cercando di empatizzare con la persona in carne e ossa che fu Socrate. Occorre perciò un procedimento non tradizionale, controcorrente: ecco la via conoscitiva della “pelle”, «la ragione irragionevole che (...) si impone per prima». Un po' come l'esprit de finesse di Pascal sul primato del capire e del sentire per immediatezza. Ne risulta che siamo di fronte a «un libro intenso, un modo originale di leggere le fonti, [al] segreto sensibile di un fascino immortale» (dalle note di copertina).
  • È una piccola antologia che comprende venticinque componimenti, dai versi sempre ispirati e inappuntabili, della produzione 1963-1990, tradotti con il testo originale a fronte da Patrice Dyerval Angelini. L'elegante volumetto, stampato in 700 copie numerate, tipograficamente curatissimo ed evidentemente celebrativo, è pubblicato quasi in contemporanea al conferimento a Mascioni del Grand Prix Schiller, il più importante riconoscimento letterario svizzero.
  • «Ovvero una microstoria della follia omicida che devasta il passato il presente e il futuro»: così recita il sottotitolo del radiodramma, prodotto per la Radio della Svizzera Italiana da Ketty Fusco con la regia di Mino Müller e le musiche originali di Andreas Pflüger, e andato in onda per la prima volta dagli studi di Lugano il 18 gennaio 1981. Il processo e la condanna della strega poschiavina Orsina de Doric nell'anno 1631 sono alla base di un apologo sulla violenza e l'intolleranza, che rinascono continuamente dalle loro ceneri. All'originale radiofonico è stato assegnato nel 1982 il Prix Suisse de la Radio. La presentazione dell'opuscolo è di Riccardo Tognina.
  • Il volume, pubblicato in occasione del decennale, ripercorre i primi intensi anni di vita della Televisione svizzera di lingua italiana, che almeno fino all'avvento delle reti private riveste il ruolo di terzo canale per il pubblico italiano. Mascioni ne è uno dei fondatori e dei massimi dirigenti, oltreché ideatore e produttore di programmi soprattutto di carattere culturale. Corredato da un ricco apparato fotografico e dai disegni di Giorgio Guglielmetti, il libro reca la prefazione dell'allora direttore della TSI Franco Marazzi.
  • Curiosa incursione di Mascioni nel territorio della nascente ‘soap-opera’, il romanzo è in realtà un trascurabile adattamento in lingua francese della sceneggiatura originale dell'Autore, a opera di Marie-Thérèse Martin. Descritta in quarta di copertina come una ‘Dallas europea’, la storia, ambientata tra il Varesotto e il Canton Ticino, intreccia i destini della ricca famiglia De Lorenzi, industriali del legno, con quelli dei rivali Dubois. La soap, per complessivi 52 episodi, andò in onda contemporaneamente in Francia, Svizzera e Italia.
  • Il canzoniere si compone di 76 poesie suddivise nelle raccolte: “La vanità di scrivere” (1986-90), sul senso o piuttosto sulla vanità dello scrivere poesia; “La vita in barca” (1985-89), di un vagabondare nel Mediterraneo che «regolarmente ci riconduce al punto da cui si era partiti»; “La cincia e il gatto (journal 1983-1991)”, sulla provvisorietà del dettato diaristico riguardo a momenti o ricordi raccolti, così come capitava, nella quotidianità; “Ut pictura poësis” (1969-89) «comprende le occasionali disfide a rifare in parole ciò che avevano già fatto a modo loro gli artisti»; “La voce delle streghe” (1986-91), «tributo di una autentica e perplessa nostalgia pagato alla mia terra alpina di streghe e disgrazie». Le scelte linguistico-stilistiche sempre elevate sono frutto di una straordinaria consapevolezza espressiva: da padrone delle parole Mascioni penetra nella profonda realtà delle cose, delle esperienze e dei sentimenti e ci restituisce i suoi momenti di doloroso sconforto o di gaio, per quanto effimero, piacere. La raccolta ha ottenuto il Premio Internazionale Biella Cultura e il Premio Pisa.
  • Volume di grande formato e di non comune spessore informativo, graficamente curatissimo; quanto al contenuto è diviso in due parti: la prima propone lo scritto di Mascioni in cinque densissimi capitoli di storia, economia e umanità; la seconda ospita partecipate interviste, raccolte da Irene Tucci, a persone che a vario titolo hanno lavorato o collaborato al “grandioso” impegno costruttivo e produttivo. Ne esce un libro molto variegato e ricco, perché – sono parole di Mascioni – «la materia di [questo] testo è storia umana, riflesso di vita o di vite vissute, considerate nella speranza di coglierne un senso: che non è mai univoco». L’introduzione è del presidente dell’A.E.M. Biagio Longo. La lussuosa riedizione ampliata del volume, pubblicata nel 2021, dal titolo Gli uomini e le acque. Dovere della memoria e transizione ecologica, è arricchita da nuove interviste ai protagonisti e da pagine dedicate all’attività della Protezione Civile a2a sul territorio valtellinese e non solo. Il contributo di Mascioni viene opportunamente riportato senza alcuna variazione, sia dal punto di vista contenutistico che grafico. Si segnalano le presentazioni di Marco Patuano, Alberto Martinelli e Roberto Corona, nonché lo scritto introduttivo di Biagio Longo.
  • Una scelta antologica di 56 poesie, di cui tre ancora inedite, a cura del poeta e studioso francese Jean-Charles Vegliante, tra i massimi esperti nella traduzione poetica dall'italiano al francese (Dante, Leopardi, Pascoli, Ungaretti, Montale, Sereni fra gli altri). Il libro è introdotto da una breve e densa prefazione dello stesso Vegliante. Si tratta della prima antologia in assoluto dedicata alla produzione in versi di Mascioni, apparsa nella collana “Domaine Italien” dell'editore romando.

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