Pubblicazioni di Grytzko Mascioni

  • È una piccola antologia che comprende venticinque componimenti, dai versi sempre ispirati e inappuntabili, della produzione 1963-1990, tradotti con il testo originale a fronte da Patrice Dyerval Angelini. L'elegante volumetto, stampato in 700 copie numerate, tipograficamente curatissimo ed evidentemente celebrativo, è pubblicato quasi in contemporanea al conferimento a Mascioni del Grand Prix Schiller, il più importante riconoscimento letterario svizzero.
  • Mascioni dichiara subito il suo intento: opporre l'uomo nell'interezza della sua esperienza esistenziale alla figura troppo libresca di manuali e monografie. Basandosi, certo, sulle fonti che stanno nei libri, ma cercando di empatizzare con la persona in carne e ossa che fu Socrate. Occorre perciò un procedimento non tradizionale, controcorrente: ecco la via conoscitiva della “pelle”, «la ragione irragionevole che (...) si impone per prima». Un po' come l'esprit de finesse di Pascal sul primato del capire e del sentire per immediatezza. Ne risulta che siamo di fronte a «un libro intenso, un modo originale di leggere le fonti, [al] segreto sensibile di un fascino immortale» (dalle note di copertina).
  • Un doppio “viaggio-pellegrinaggio”: nei luoghi che videro il culto del dio e tra i molti libri, antichi e recenti, che lo descrivono e lo spiegano. O meglio: tentano di spiegarlo, perché su Apollo, dio del sole e della luce e incarnazione della misura e dei canoni di bellezza, le ipotesi si confrontano, si sovrappongono, si scontrano. Né oggi – in un'epoca (è detto talvolta con parole molto aspre) che non vuole trovare la strada per uscire dal decadimento morale e culturale – si sfugge al paradosso, ai tanti contrasti che le ambiguità e le interpretazioni del «più omerico degli dèi» lasciano nel lettore moderno, avido di chiarezza, spesso a buon mercato, ma sempre alle prese col mistero. Il libro, finalista al Premio Strega 1990, ottiene un largo successo e viene ripubblicato a più riprese.
  • Il racconto, dai toni crepuscolari, segna il ritorno a una dimensione intimistica, sottolineata dall'ambientazione nel tranquillo paesaggio ticinese, meta del provvisorio ritorno di uno stanco e sempre più amareggiato Ulisse. La dolorosa circostanza della morte dell'anziano gatto, di pari passo con la conclusione di un'annosa e sofferta vicenda sentimentale, assurge a simbolo e a metafora di una risolutiva fine. Il libretto, dedicato dallo scrittore al figlio Vania, presenta in copertina e fuori testo quattro disegni eseguiti dallo stesso Mascioni, che ne illustrano la maestria grafica. I primi cento esemplari sono numerati e firmati dall'autore.
  • L'isola è di fronte alla città, poco lontana, e sembra dare forma e sostanza all'«idea stessa di perenne stabilità». Ma per l'autore, che la osserva quotidianamente dalla sua finestra, è la silenziosa interlocutrice che lo costringe a pensarla e a desiderare di conoscerla. Allora la visita diventa obbligatoria e il “gitante-pellegrino”, in mezzo all'«ansimare continuo di slarghi e strettoie», e dopo aver interrogato la natura e la storia, crede di trovarne il segreto vitale, pacificatore della sua inquietudine interiore. La scrittura, sempre ricercata, si vale di un'aggettivazione ricchissima, di vocaboli inconsueti o desueti ma anche, quasi a voler sorprendere, di termini gergali o "bassi". Corredano il volumetto tre dipinti di Giuseppe Zecca, pregevoli e testuali variazioni sul tema.
  • Il ferro

    (1965)
    «Sono le poesie di un ciclo pubblicato in forma privata (…) a cura di alcuni amici, per ricordare un giovane fabbro e maniscalco di Teglio di Valtellina, Elio Branchi, morto in un incidente di caccia sulle sue e mie montagne». L’edizione consta di 1000 copie numerate: alle dieci liriche di Mascioni si accompagna la riproduzione fotografica dei Ferri artistici forgiati da Elio Branchi su disegno del pittore, grafico e designer Osvaldo Carrara. Completa il volume una serie di brevi prose che illustrano con la consueta felicità di scrittura il senso e il significato dell’operazione editoriale.
  • Rispetto alla prima edizione del 1967, la seconda presenta un numero maggiore di poesie, sempre però scritte nello stesso periodo. Le poesie sono suddivise in otto raccolte: “Addio, marameo” (1957-62) di vario contenuto; “Itinerario a Montreux” (1963), poesie dedicate a Vittorio Sereni che segnano le tappe di un viaggio nella Svizzera francese; “Memoriale del fabbro esiliato” (1964), poesie dedicate al giovane fabbro e maniscalco Elio Branchi, l’amico di Teglio morto in un incidente di caccia sulle «sue e mie montagne», una occasione per riconoscere il «reale rapporto con i paesi e la gente fra la quale sono nato e cresciuto»; “Il tono generale” (1963-65); “Dai giorni inurbati” (1960-67); “Idioletto” (1966-67); “De l’amour 67”; “Moderato terrore” (1967). Con un “favoloso spreco” si consumano e si perdono attese, ansie, gioie, momenti di vita che sembravano eterni, occasioni di sconforto e di allegria. Al senso di precarietà di ogni cosa, anche se alleggerito da goduti momenti di gioia o di ironica distanza, si accompagna in Mascioni una crescente inquietudine sul vero senso e sull’uso delle parole «nel turpe chiacchiericcio prevalente», tanto che, come egli stesso dichiara nella nota all’edizione del 1977, la tentazione del silenzio è reale. Alla raccolta è stato attribuito il Premio Mario Stefanile 1978.
  • Probabilmente il vertice del lavoro in versi di Mascioni, riunisce nella seconda edizione riveduta e notevolmente ampliata, pubblicata in 1000 copie numerate, le liriche composte nel decennio 1968-77. «Il volumetto (…) raggiunge effetti di grande raffinatezza. (…) Mascioni dimostra di aver raggiunto una sua perfezione (…). È tutto un giocare di luci e di grazia, un dire a fior di labbra, sicché anche le cose più innocenti paiono avvicinarsi al drammatico, e le tragiche all’idillico. (…) Mascioni sa filtrare esperienze e sentimenti, la sua poesia è cristallina, vivida, incantevole» (Enzo Fabiani). La sezione omonima della raccolta è dedicata, «con la nostalgia di ogni amore», a Max Horkheimer, filosofo e sociologo, tra gli esponenti più noti della Scuola di Francoforte, legato all’autore da una profonda e duratura amicizia.
  • La plaquette accoglie 13 poesie inedite, composte tra il 1992 e il 1994, e tre già pubblicate in precedenza ma rientranti nel medesimo nucleo tematico: la dolorosa esperienza, vissuta in prima persona, del terribile conflitto armato nella ex Jugoslavia. «Missive dirette a non so chi, dal territorio di un Paese aggredito e devastato, ferito nei segni della sua specifica identità e della sua millenaria appartenenza europea e occidentale». Tuttavia l'urgenza etica, unita a un periodare eccessivo e faticoso e a un linguaggio a tratti incongruamente desueto, fanno sì che il volumetto risulti tra i meno riusciti dell'intera produzione in versi dell'autore.
  • Adattamento per la radio di un racconto scritto nel 1975, viene rappresentato il 27 aprile 1980 dalla Sezione Sperimentale Prosa della Radio della Svizzera Italiana, per la regia di Vittorio Ottino, con musiche originali di Andreas Pflüger. Pochi mesi dopo il ricercato volumetto, stampato in 1000 esemplari numerati, inaugura la collana 'Radiodrammi' delle edizioni Scheiwiller, e rappresenta una delle perle nascoste della produzione dell'autore. Sullo sfondo malinconico della Mosca ancora sovietica, «il dato personale è trascorso nel silenzio dilagante della nostra precarietà di individui (…) che, nelle pieghe di una opposizione appartata e pensosa, distante dal caos, vorrebbe – chissà – (ri)trovare dignità» (Rina Li Vigni Galli).
  • «Basta la luce: in croato, Dostaje svjetlost. Con questo titolo ha visto la luce una raccolta di mie poesie (…) tradotte in croato per l’amorosa cura e iniziativa di un gruppo di eminenti italianisti e poeti amici, edita a mia insaputa e per mia grata sorpresa dalle Edizioni Durieux di Zagabria e dalla Matica Hrvatska (Matrix croatica) di Dubrovnik, il giorno del mio compleanno, 1° dicembre 1993». Le 51 poesie sono seguite da una postfazione del poeta, saggista e traduttore Tonko Maroević.
  • Penalizzato da un'edizione, per quanto nitida, di nicchia, e da una distribuzione limitata, il libro rappresenta viceversa uno dei punti più alti dell'intero percorso mascioniano: «raccoglie una ricca messe di inediti (avvii di romanzi, pagine sparse, progetti, abbozzi, note), tutti o quasi prodotti al servizio di “libri mai nati”» (dalle note di copertina). La riflessione metaletteraria sul senso del proprio lavoro, sincera ai limiti della spietatezza, si accompagna al recupero di pagine sorprendenti per qualità e varietà di temi, di stili e di luoghi, dalla Rezia della lontana infanzia alla tarda maturità trascorsa nelle tormentate terre croate. La breve nota introduttiva è firmata da Giuseppe Pontiggia.
  • Da Saffo

    (1954)
    Il quaderno, in edizione numerata di 200 copie, raccoglie le traduzioni di 21 frammenti di Saffo, la poetessa all’origine della lirica occidentale, frequentata e amata da Mascioni a partire dal folgorante incontro avvenuto sui banchi del liceo. Nell’”Avvertenza ai lettori” l’Autore dichiara di essersi sforzato di «cercare una via perché la parola di Saffo riuscisse a risuonare nella nostra lingua conservando nel limite del possibile il suo originale incanto», in passato spesso offuscato da un eccessivo scrupolo filologico o all’inverso da una resa poetica scarsamente rispettosa del testo originario.
  • L'opuscolo, la cui prima stesura risale al 1962, è ispirato alle vicende che caratterizzarono la lavorazione del film 'Cleopatra', e segnatamente alla storia d'amore tra i protagonisti Liz Taylor e Richard Burton, intrecciata a quella dei personaggi impersonati dai due attori, Cleopatra e Marco Antonio. Cleopatra è «un'indefinibile idea di donna, indefinibile, ma non per questo irreale; è il desiderio di ogni uomo, che finisce per coincidere con l'irrefrenabile e ineliminabile bisogno di vita. Ecco dunque che Cleopatra si pone come uno dei tanti volti di quello che è il motivo ispiratore centrale della poliedrica produzione letteraria di Mascioni» (Massimo Castoldi). Alla nota di Vasco Pratolini si accompagnano, nella seconda edizione, le postfazioni di Tonko Maroević e Massimo Castoldi. Del libro è apparsa una traduzione in lingua croata, a cura di Iva Grgić: Kleopatra, jedne noći, Hefti, Milano 1996.
  • Libro dalla prosa ricercatissima e di impegnativo approccio, «vive (…) del mal d'amore – per cui è al tempo stesso cartella clinica di quel male, lettera intima, diario retrospettivo, confessione». Stilisticamente lo scritto «deve molto alla ripresa cinematografica con campi lunghi, carrellate, flash back, sostenuti da un'esasperata colonna sonora di sfusi e liquidi dialoghi» (dalle note di copertina, frutto di uno scambio di opinioni tra Vittorio Sereni, Carlo Fruttero e Franco Lucentini). Al romanzo è stato assegnato il Premio Inedito 1973.
  • Angstbar

    (2003)
    Angstbar o bar dell'angoscia: la scelta del termine tedesco che dà il titolo all'opera ricorda le conversazioni col filosofo Max Horkheimer su un tema caro al Poeta e ricorrente anche in altre opere, ma in questo caso è legata allo stato d'animo di chi sa «di avere un male che non perdona» e si trova a ripercorrere le ultime tappe della sua vita con spietata lucidità, riprendendo anche il tema dell'alcolismo, che da topos letterario si fa caso intimo. La raccolta si compone di 24 liriche sotto il titolo “Angstbar”, 7 poesie scelte dal testo Ex Illyrico tristia, legate all'esperienza croata, e altre 5 testimonianza degli ultimi dolorosi anni, compreso lo struggente Il soffio della notte, dedicato alla donna amata. Mascioni affida alle liriche la sua eredità di riflessioni, i suoi ultimi pensieri che testimoniano da un lato la piena aderenza alla vita in tutti i suoi aspetti, gioiosi e drammatici, e dall'altro la perenne ricerca di forme variegate e di un lessico composito ed elevato per esprimere il suo intenso mondo interiore. La postfazione è del poeta e critico Giorgio Luzzi.
  • Comprende le sezioni “Ultimo covo” (1996-2000), composta da 12 poesie scritte a Zagabria e Dubrovnik; “Adriatico” (1992), dedicata a Vanni Scheiwiller; “Città bianche del Sud, ballata per Pierre H. Lindner, maestro incisore venuto dal Nord, che un giorno, sull'Adriatico, scoprì il colore”. Ricordi della guerra nella ex-Jugoslavia che «disloca le nere bandiere», si intrecciano nella lingua ricchissima ed elevata di Mascioni con le immagini del paesaggio struggente della «terra bagnata di mare» che il poeta sta lasciando, diretto verso un mondo forse di speranza, che però «tace» sul lutto doloroso ancora presente. Appena accennata è la presenza di alcune figure femminili. Mascioni è «un uomo ed un poeta che vive al di là delle mode; (…) uno che rifugge dal monumentale, ma che arricchisce di significato persino i detriti della quotidianità» (Allen Mandelbaum, dalle note di copertina).
  • Il volume ripercorre la storia della Televisione della Svizzera Italiana a 25 anni dall’inizio delle trasmissioni in lingua italiana. A differenza del precedente lavoro, che intendeva celebrarne il decennale attraverso un approccio cronachistico, Mascioni in questo caso opta per una riflessione di carattere teorico sul mezzo televisivo e sul suo ruolo nel contesto federale elvetico, quale voce necessaria e imprescindibile della minoranza italofona. Il libro, corredato da numerose illustrazioni fuori testo, reca la prefazione del direttore della RTSI Cherubino Darani.

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