Poesia

  • L'amore, il viaggio, il confine eletto a emblema identitario e metafora dell'“altrove”: sono solo alcuni dei temi con i quali si è confrontata la poesia di Grytzko Mascioni, qui raccolta nella sua interezza, dalle precoci prove adolescenziali in ambito lombardo-retico fino alla maturità nomade, spesa instancabilmente tra Svizzera, Grecia, Croazia e Francia. La lirica di Mascioni rappresenta la narrazione di un itinerario esistenziale, una sorta di mitologia privata che si esplica attraverso una concezione classica del fare poetico, animato da uno stato di grazia autenticamente mozartiano. Introdotta e curata da Simone Zecca, l'opera è arricchita da una testimonianza introduttiva di Andrea Zanzotto.
  • Angstbar

    (2003)
    Angstbar o bar dell'angoscia: la scelta del termine tedesco che dà il titolo all'opera ricorda le conversazioni col filosofo Max Horkheimer su un tema caro al Poeta e ricorrente anche in altre opere, ma in questo caso è legata allo stato d'animo di chi sa «di avere un male che non perdona» e si trova a ripercorrere le ultime tappe della sua vita con spietata lucidità, riprendendo anche il tema dell'alcolismo, che da topos letterario si fa caso intimo. La raccolta si compone di 24 liriche sotto il titolo “Angstbar”, 7 poesie scelte dal testo Ex Illyrico tristia, legate all'esperienza croata, e altre 5 testimonianza degli ultimi dolorosi anni, compreso lo struggente Il soffio della notte, dedicato alla donna amata. Mascioni affida alle liriche la sua eredità di riflessioni, i suoi ultimi pensieri che testimoniano da un lato la piena aderenza alla vita in tutti i suoi aspetti, gioiosi e drammatici, e dall'altro la perenne ricerca di forme variegate e di un lessico composito ed elevato per esprimere il suo intenso mondo interiore. La postfazione è del poeta e critico Giorgio Luzzi.
  • È una piccola antologia che comprende venticinque componimenti, dai versi sempre ispirati e inappuntabili, della produzione 1963-1990, tradotti con il testo originale a fronte da Patrice Dyerval Angelini. L'elegante volumetto, stampato in 700 copie numerate, tipograficamente curatissimo ed evidentemente celebrativo, è pubblicato quasi in contemporanea al conferimento a Mascioni del Grand Prix Schiller, il più importante riconoscimento letterario svizzero.
  • Comprende le sezioni “Ultimo covo” (1996-2000), composta da 12 poesie scritte a Zagabria e Dubrovnik; “Adriatico” (1992), dedicata a Vanni Scheiwiller; “Città bianche del Sud, ballata per Pierre H. Lindner, maestro incisore venuto dal Nord, che un giorno, sull'Adriatico, scoprì il colore”. Ricordi della guerra nella ex-Jugoslavia che «disloca le nere bandiere», si intrecciano nella lingua ricchissima ed elevata di Mascioni con le immagini del paesaggio struggente della «terra bagnata di mare» che il poeta sta lasciando, diretto verso un mondo forse di speranza, che però «tace» sul lutto doloroso ancora presente. Appena accennata è la presenza di alcune figure femminili. Mascioni è «un uomo ed un poeta che vive al di là delle mode; (…) uno che rifugge dal monumentale, ma che arricchisce di significato persino i detriti della quotidianità» (Allen Mandelbaum, dalle note di copertina).
  • Ovvero La forma del cuore: 48 liriche selezionate e tradotte in lingua slovena da Ciril Zlobec, poeta, scrittore e traduttore pluripremiato, autore anche dell’introduzione ai testi. Il volumetto, oltre alle notizie biobibliografiche, presenta in calce una piccola antologia critica.
  • La plaquette accoglie 13 poesie inedite, composte tra il 1992 e il 1994, e tre già pubblicate in precedenza ma rientranti nel medesimo nucleo tematico: la dolorosa esperienza, vissuta in prima persona, del terribile conflitto armato nella ex Jugoslavia. «Missive dirette a non so chi, dal territorio di un Paese aggredito e devastato, ferito nei segni della sua specifica identità e della sua millenaria appartenenza europea e occidentale». Tuttavia l'urgenza etica, unita a un periodare eccessivo e faticoso e a un linguaggio a tratti incongruamente desueto, fanno sì che il volumetto risulti tra i meno riusciti dell'intera produzione in versi dell'autore.
  • «Basta la luce: in croato, Dostaje svjetlost. Con questo titolo ha visto la luce una raccolta di mie poesie (…) tradotte in croato per l’amorosa cura e iniziativa di un gruppo di eminenti italianisti e poeti amici, edita a mia insaputa e per mia grata sorpresa dalle Edizioni Durieux di Zagabria e dalla Matica Hrvatska (Matrix croatica) di Dubrovnik, il giorno del mio compleanno, 1° dicembre 1993». Le 51 poesie sono seguite da una postfazione del poeta, saggista e traduttore Tonko Maroević.
  • Le 29 poesie della piena maturità, due delle quali in francese, sono spesso costruite con un lungo e sempre vigile e musicale periodare che si coniuga con la maggiore accessibilità a favore del lettore non specialista. Ogni animale, a modo suo, è figura e cifra del vivere e del sentire del poeta. E il fruitore, non di rado, vi riconosce le sue stesse esperienze emozionali, descritte e chiarite proprio dalla lingua più lirica. Le venti incisioni del pittore e scultore ticinese Nag Arnoldi corredano e arricchiscono il bel volume, confermando l'amore di Mascioni per l'arte figurativa. Del libro esiste una traduzione in croato: Ljubavni zoo, Durieux, Zagreb 1996, a cura di Morana Čale Knežević, con i disegni di Zlatan Vrkljan.
  • Il canzoniere si compone di 76 poesie suddivise nelle raccolte: “La vanità di scrivere” (1986-90), sul senso o piuttosto sulla vanità dello scrivere poesia; “La vita in barca” (1985-89), di un vagabondare nel Mediterraneo che «regolarmente ci riconduce al punto da cui si era partiti»; “La cincia e il gatto (journal 1983-1991)”, sulla provvisorietà del dettato diaristico riguardo a momenti o ricordi raccolti, così come capitava, nella quotidianità; “Ut pictura poësis” (1969-89) «comprende le occasionali disfide a rifare in parole ciò che avevano già fatto a modo loro gli artisti»; “La voce delle streghe” (1986-91), «tributo di una autentica e perplessa nostalgia pagato alla mia terra alpina di streghe e disgrazie». Le scelte linguistico-stilistiche sempre elevate sono frutto di una straordinaria consapevolezza espressiva: da padrone delle parole Mascioni penetra nella profonda realtà delle cose, delle esperienze e dei sentimenti e ci restituisce i suoi momenti di doloroso sconforto o di gaio, per quanto effimero, piacere. La raccolta ha ottenuto il Premio Internazionale Biella Cultura e il Premio Pisa.
  • Una scelta antologica di 56 poesie, di cui tre ancora inedite, a cura del poeta e studioso francese Jean-Charles Vegliante, tra i massimi esperti nella traduzione poetica dall'italiano al francese (Dante, Leopardi, Pascoli, Ungaretti, Montale, Sereni fra gli altri). Il libro è introdotto da una breve e densa prefazione dello stesso Vegliante. Si tratta della prima antologia in assoluto dedicata alla produzione in versi di Mascioni, apparsa nella collana “Domaine Italien” dell'editore romando.
  • Avvicinandosi ai cinquant'anni, Mascioni raccoglie la maggior parte delle poesie pubblicate nel trentennio di assiduo ma non esclusivo esercizio, rivedendone alcune per l'occasione. Sorprende l'ampiezza del volume ma, come scrive Mario Luzi nella presentazione, «quantità e qualità sono più che mai intrecciate, s'illuminano reciprocamente e concorrono alla pari a illuminare la natura di questo operato». L'autore, ricordando Petrarca, suddivide il libro in due parti, Canzoniere pubblico e Canzoniere privato. A corredo vanno segnalati il ricco apparato di note esplicative e brevi testi critici di alcuni scrittori e studiosi di prima grandezza: oltre al citato Luzi, Allen Mandelbaum, Tonko Maroević, Jean-Charles Vegliante e Alice Vollenweider. Il folto volume è stato insignito nel 1985 dei premi Etna-Taormina e Bartolo Cattafi.
  • Sono qui raccolte 32 poesie del decennio 1969-79. La penultima, L'argomento di Frege, è in undici strofe, alcune ampie; Gottlob Frege (1848-1925) era un matematico tedesco. Nella “Nota” l'Autore scrive che i versi pubblicati si possono considerare porzioni di un «diario della vita di un uomo del nostro tempo. Ma un diario, in ogni caso, depurato dai dati della cronaca». Alla raccolta è stato attribuito il Premio Dino Buzzati – Val di Piave 1981.

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