Racconto

  • L'isola è di fronte alla città, poco lontana, e sembra dare forma e sostanza all'«idea stessa di perenne stabilità». Ma per l'autore, che la osserva quotidianamente dalla sua finestra, è la silenziosa interlocutrice che lo costringe a pensarla e a desiderare di conoscerla. Allora la visita diventa obbligatoria e il “gitante-pellegrino”, in mezzo all'«ansimare continuo di slarghi e strettoie», e dopo aver interrogato la natura e la storia, crede di trovarne il segreto vitale, pacificatore della sua inquietudine interiore. La scrittura, sempre ricercata, si vale di un'aggettivazione ricchissima, di vocaboli inconsueti o desueti ma anche, quasi a voler sorprendere, di termini gergali o "bassi". Corredano il volumetto tre dipinti di Giuseppe Zecca, pregevoli e testuali variazioni sul tema.
  • Il racconto, dai toni crepuscolari, segna il ritorno a una dimensione intimistica, sottolineata dall'ambientazione nel tranquillo paesaggio ticinese, meta del provvisorio ritorno di uno stanco e sempre più amareggiato Ulisse. La dolorosa circostanza della morte dell'anziano gatto, di pari passo con la conclusione di un'annosa e sofferta vicenda sentimentale, assurge a simbolo e a metafora di una risolutiva fine. Il libretto, dedicato dallo scrittore al figlio Vania, presenta in copertina e fuori testo quattro disegni eseguiti dallo stesso Mascioni, che ne illustrano la maestria grafica. I primi cento esemplari sono numerati e firmati dall'autore.

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