Pubblicazioni di Grytzko Mascioni

  • L'amore, il viaggio, il confine eletto a emblema identitario e metafora dell'“altrove”: sono solo alcuni dei temi con i quali si è confrontata la poesia di Grytzko Mascioni, qui raccolta nella sua interezza, dalle precoci prove adolescenziali in ambito lombardo-retico fino alla maturità nomade, spesa instancabilmente tra Svizzera, Grecia, Croazia e Francia. La lirica di Mascioni rappresenta la narrazione di un itinerario esistenziale, una sorta di mitologia privata che si esplica attraverso una concezione classica del fare poetico, animato da uno stato di grazia autenticamente mozartiano. Introdotta e curata da Simone Zecca, l'opera è arricchita da una testimonianza introduttiva di Andrea Zanzotto.
  • Di fatto è una doppia narrazione: quella di un trapianto e quella della grande amicizia tra Grytzko Mascioni ed Ernesto Ferrero, intenso rapporto che, in poco più di due anni, ha trovato varie e profonde «ragioni di fraternità». La parte principale è certo «la cronaca veritiera di un trapianto, un percorso a ostacoli, angoscioso e pieno di imprevisti, il quale ha restituito a un uomo, i cui giorni parevano contati, i tempi supplementari di una partita che eravamo quasi sicuri fosse finita, e nel peggiore dei modi». La precede un partecipe e toccante ritratto umano e culturale di Grytzko ad opera di Ernesto, al quale è diretto il commovente Congedo in forma di lettera con cui il malato, ormai prossimo alla morte, affida all'amico le sue ultime pagine e il suo ricordo.
  • Angstbar

    (2003)
    Angstbar o bar dell'angoscia: la scelta del termine tedesco che dà il titolo all'opera ricorda le conversazioni col filosofo Max Horkheimer su un tema caro al Poeta e ricorrente anche in altre opere, ma in questo caso è legata allo stato d'animo di chi sa «di avere un male che non perdona» e si trova a ripercorrere le ultime tappe della sua vita con spietata lucidità, riprendendo anche il tema dell'alcolismo, che da topos letterario si fa caso intimo. La raccolta si compone di 24 liriche sotto il titolo “Angstbar”, 7 poesie scelte dal testo Ex Illyrico tristia, legate all'esperienza croata, e altre 5 testimonianza degli ultimi dolorosi anni, compreso lo struggente Il soffio della notte, dedicato alla donna amata. Mascioni affida alle liriche la sua eredità di riflessioni, i suoi ultimi pensieri che testimoniano da un lato la piena aderenza alla vita in tutti i suoi aspetti, gioiosi e drammatici, e dall'altro la perenne ricerca di forme variegate e di un lessico composito ed elevato per esprimere il suo intenso mondo interiore. La postfazione è del poeta e critico Giorgio Luzzi.
  • Volume di grande formato e di non comune spessore informativo, graficamente curatissimo; quanto al contenuto è diviso in due parti: la prima propone lo scritto di Mascioni in cinque densissimi capitoli di storia, economia e umanità; la seconda ospita partecipate interviste, raccolte da Irene Tucci, a persone che a vario titolo hanno lavorato o collaborato al “grandioso” impegno costruttivo e produttivo. Ne esce un libro molto variegato e ricco, perché – sono parole di Mascioni – «la materia di [questo] testo è storia umana, riflesso di vita o di vite vissute, considerate nella speranza di coglierne un senso: che non è mai univoco». L’introduzione è del presidente dell’A.E.M. Biagio Longo. La lussuosa riedizione ampliata del volume, pubblicata nel 2021, dal titolo Gli uomini e le acque. Dovere della memoria e transizione ecologica, è arricchita da nuove interviste ai protagonisti e da pagine dedicate all’attività della Protezione Civile a2a sul territorio valtellinese e non solo. Il contributo di Mascioni viene opportunamente riportato senza alcuna variazione, sia dal punto di vista contenutistico che grafico. Si segnalano le presentazioni di Marco Patuano, Alberto Martinelli e Roberto Corona, nonché lo scritto introduttivo di Biagio Longo.
  • È una piccola antologia che comprende venticinque componimenti, dai versi sempre ispirati e inappuntabili, della produzione 1963-1990, tradotti con il testo originale a fronte da Patrice Dyerval Angelini. L'elegante volumetto, stampato in 700 copie numerate, tipograficamente curatissimo ed evidentemente celebrativo, è pubblicato quasi in contemporanea al conferimento a Mascioni del Grand Prix Schiller, il più importante riconoscimento letterario svizzero.
  • Comprende le sezioni “Ultimo covo” (1996-2000), composta da 12 poesie scritte a Zagabria e Dubrovnik; “Adriatico” (1992), dedicata a Vanni Scheiwiller; “Città bianche del Sud, ballata per Pierre H. Lindner, maestro incisore venuto dal Nord, che un giorno, sull'Adriatico, scoprì il colore”. Ricordi della guerra nella ex-Jugoslavia che «disloca le nere bandiere», si intrecciano nella lingua ricchissima ed elevata di Mascioni con le immagini del paesaggio struggente della «terra bagnata di mare» che il poeta sta lasciando, diretto verso un mondo forse di speranza, che però «tace» sul lutto doloroso ancora presente. Appena accennata è la presenza di alcune figure femminili. Mascioni è «un uomo ed un poeta che vive al di là delle mode; (…) uno che rifugge dal monumentale, ma che arricchisce di significato persino i detriti della quotidianità» (Allen Mandelbaum, dalle note di copertina).
  • L'isola è di fronte alla città, poco lontana, e sembra dare forma e sostanza all'«idea stessa di perenne stabilità». Ma per l'autore, che la osserva quotidianamente dalla sua finestra, è la silenziosa interlocutrice che lo costringe a pensarla e a desiderare di conoscerla. Allora la visita diventa obbligatoria e il “gitante-pellegrino”, in mezzo all'«ansimare continuo di slarghi e strettoie», e dopo aver interrogato la natura e la storia, crede di trovarne il segreto vitale, pacificatore della sua inquietudine interiore. La scrittura, sempre ricercata, si vale di un'aggettivazione ricchissima, di vocaboli inconsueti o desueti ma anche, quasi a voler sorprendere, di termini gergali o "bassi". Corredano il volumetto tre dipinti di Giuseppe Zecca, pregevoli e testuali variazioni sul tema.
  • Anno 1179. Prossima alla morte, a lungo pressata da un severo confessore poi ricredutosi, suor Ildegarda apre la sua anima ripercorrendo i momenti e le figure salienti della vita. E dichiara che anche per lei è mistero il dono profetico delle visioni e d'un sapere trascendente, dei quali è stata semplice medium. La narrazione è di grande musicalità, aiutata dalle rime e sorretta da versi che coinvolgono lo spettatore e il lettore, parimenti sollecitati ad accogliere la poesia e a parteciparne. All'introduzione di Vincenzo Cappelletti seguono in appendice pagine interessanti sulla vita di Ildegarda di Bingen e sull'allestimento dello spettacolo, a cura della regista Silvana Strocchi.
  • Ovvero La forma del cuore: 48 liriche selezionate e tradotte in lingua slovena da Ciril Zlobec, poeta, scrittore e traduttore pluripremiato, autore anche dell’introduzione ai testi. Il volumetto, oltre alle notizie biobibliografiche, presenta in calce una piccola antologia critica.
  • Il libro raccoglie una scelta degli interventi realizzati dall'autore nell'ambito del programma radiofonico “Lampi” di Radiotre, andato in onda nell'estate 1998 con la regia di Roberto Bernardi. «Con l'occhio dell'umanista attento al nuovo ma non dimentico dell'antico, Mascioni percorre i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, lungo il dipanarsi di un'estate, in un viaggio ideale che ne evidenzia sia gli aspetti geografici che quelli culturali, senza trascurarne la storia, politica e di costume. Una lettura suggestiva e stimolante, attraversata da informazioni di prima mano filtrate da un occhio pensoso» (dalle note di copertina). L'idea di fondo è che il Mediterraneo è un mare fatto di prossimità e di esperienze comuni, e sarebbe bello se «si potesse dire la stessa cosa degli uomini che lo percorrono o ne abitano le rive». Il Mediterraneo «immenso tappeto di luce (…) unisce le belle terre raramente fortunate che vi si bagnano, spesso affaticate da una amara sorte, a volte insanguinate da violenze, a volte angustiate da croniche miserie, prigionie umilianti, ottuse repressioni della libertà d'essere ciò che si vuole» ma che, comunque, è vitalissimo e «formicola di antica e giovane vita, di immaginose avventure del cuore e della mente».
  • Nell'elegantissimo volumetto troviamo brevi e ricche descrizioni naturalistiche e trasfigurate, alla ricerca dell'anima della valle e della sua gente. Proposte da una prosa poetica, anche più lirica di quella di altre occasioni: perché è la terra dell'infanzia e del suo imprinting culturale e affettivo, dove «non ho smesso mai di sentirmi a casa». Le suggestive fotografie del polacco Piotr Jaxa, «una specie di elettrocardiogramma» della terra e delle persone, fermano per un attimo, e per il futuro, atti vitali che ci piace considerare irripetibili eppure destinati a duratura riconferma.
  • Il racconto, dai toni crepuscolari, segna il ritorno a una dimensione intimistica, sottolineata dall'ambientazione nel tranquillo paesaggio ticinese, meta del provvisorio ritorno di uno stanco e sempre più amareggiato Ulisse. La dolorosa circostanza della morte dell'anziano gatto, di pari passo con la conclusione di un'annosa e sofferta vicenda sentimentale, assurge a simbolo e a metafora di una risolutiva fine. Il libretto, dedicato dallo scrittore al figlio Vania, presenta in copertina e fuori testo quattro disegni eseguiti dallo stesso Mascioni, che ne illustrano la maestria grafica. I primi cento esemplari sono numerati e firmati dall'autore.

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